Le politiche attive del lavoro in Italia: una sfida nel panorama europeo
di Lorenzo Berselli
11 settembre 2024
di Lorenzo Berselli
11 settembre 2024
In un'epoca di rapidi cambiamenti economici e tecnologici, le politiche attive del lavoro rappresentano uno strumento fondamentale per garantire un mercato del lavoro dinamico, inclusivo e capace di adattarsi alle sfide del futuro. Tuttavia, l'Italia si trova oggi di fronte a una realtà complessa e per certi versi preoccupante: il nostro paese, infatti, risulta significativamente in ritardo rispetto a molti dei suoi partner europei in questo cruciale settore.
Ma cosa sono esattamente le politiche attive del lavoro? Si tratta di un insieme di misure e programmi volti a favorire l'inserimento e il reinserimento nel mondo del lavoro, con particolare attenzione alle categorie più svantaggiate e ai disoccupati. Queste politiche non si limitano alla semplice assistenza nella ricerca di un impiego, ma comprendono anche la promozione della formazione e della riqualificazione professionale, l'orientamento e la consulenza per lo sviluppo della carriera, e persino il supporto all'imprenditoria.
Il quadro italiano, purtroppo, presenta diverse criticità. Partiamo dai numeri: l'Italia investe appena lo 0,22% del suo PIL in politiche attive del lavoro. Può sembrare una cifra astratta, ma diventa più eloquente se confrontata con la media europea, che si attesta allo 0,61% - quasi il triplo. Ancora più sorprendente è il confronto con paesi come la Spagna, che destina a questo settore l'1,03% del PIL, circa cinque volte più dell'Italia.
Questo sottoinvestimento cronico ha conseguenze tangibili. I servizi per l'impiego, ad esempio, ricevono in Italia solo lo 0,026% del PIL, contro una media europea dello 0,2%. Non sorprende, quindi, che il sistema italiano sia caratterizzato da una marcata frammentazione territoriale dei servizi e da difficoltà nel raggiungere efficacemente tutte le categorie di lavoratori, specialmente quelle più svantaggiate.
Un altro aspetto critico è lo squilibrio tra politiche attive e passive. Mentre l'Italia destina il 2,6% del PIL alle politiche passive (come i sussidi di disoccupazione), solo lo 0,22% va a quelle attive. Questo sbilanciamento rischia di creare un sistema che "cura i sintomi" della disoccupazione senza affrontarne le cause profonde.
Ma non tutto è perduto. Guardando oltre i confini nazionali, possiamo trovare esempi virtuosi e innovativi da cui trarre ispirazione. La Danimarca, ad esempio, ha fatto scuola con il suo modello di "flexicurity". Questo approccio combina in modo intelligente tre elementi: una notevole flessibilità del mercato del lavoro, generosi sussidi di disoccupazione e politiche attive intensive.
La Germania, dal canto suo, ha implementato le famose "Riforme Hartz", che hanno rivoluzionato l'approccio alle politiche del lavoro. Queste riforme hanno puntato su una maggiore integrazione tra politiche attive e passive, un potenziamento dei servizi di intermediazione e orientamento, e l'introduzione di incentivi mirati per la formazione professionale e l'autoimprenditorialità.
Anche la Spagna offre spunti interessanti, con il suo sistema di governance multilivello che prevede standard comuni tra pubblico e privato e un monitoraggio centralizzato dell'efficacia dei servizi. Particolarmente degni di nota sono i programmi specifici per l'occupazione giovanile, un tema di grande rilevanza anche per l'Italia.
Il Regno Unito, invece, si è distinto per la sua enfasi sui servizi di intermediazione e matching tra domanda e offerta di lavoro. Ha inoltre sviluppato programmi mirati per giovani e disoccupati di lungo periodo, introducendo anche il principio di condizionalità dei sussidi alla partecipazione a programmi di attivazione.
La Francia, infine, ha puntato sull'integrazione dei servizi attraverso il Pôle Emploi, un'agenzia che unisce i servizi per l'impiego e la gestione dei sussidi. Questo approccio, unito a una capillare presenza territoriale e a una forte personalizzazione degli interventi, ha portato a risultati significativi.
Cosa può imparare l'Italia da questi esempi? Innanzitutto, emerge chiaramente la necessità di aumentare in modo sostanziale gli investimenti nelle politiche attive. Ma non si tratta solo di una questione di risorse: è fondamentale anche ripensare l'approccio complessivo, puntando su una maggiore integrazione tra politiche attive e passive, su un potenziamento e una modernizzazione dei servizi per l'impiego (in particolare i Centri per l'Impiego e l'ANPAL), e sull'implementazione di un sistema di monitoraggio e valutazione più strutturato per misurare l'efficacia degli interventi.
La personalizzazione degli interventi in base ai profili dei disoccupati e un maggiore coinvolgimento degli attori privati accanto a quelli pubblici sono altri elementi chiave che emergono dalle esperienze di successo europee.
Nonostante il quadro complessivo presenti diverse criticità, ci sono anche segnali incoraggianti. L'Italia ha recentemente introdotto nuove misure, come il Supporto per la formazione e il lavoro, e sta lavorando per potenziare il ruolo dei Centri per l'Impiego. Inoltre, iniziative locali come il protocollo "Insieme per il lavoro" a Bologna dimostrano che è possibile sviluppare approcci innovativi e collaborativi anche nel contesto italiano.
Il potenziamento delle politiche attive del lavoro rappresenta una sfida cruciale per l'Italia, ma anche un'opportunità imperdibile. Imparando dalle migliori pratiche europee e aumentando gli investimenti in questo settore, il nostro paese ha la possibilità di costruire un mercato del lavoro più dinamico, inclusivo e resistente alle sfide economiche future. Non si tratta solo di ridurre i numeri della disoccupazione, ma di promuovere una crescita economica sostenibile e inclusiva nel lungo termine, garantendo a tutti i cittadini la possibilità di partecipare attivamente alla vita economica del paese.
La strada da percorrere è lunga e non priva di ostacoli, ma gli esempi virtuosi dei nostri vicini europei dimostrano che è possibile ottenere risultati significativi con la giusta combinazione di investimenti, innovazione e volontà politica. È tempo che l'Italia raccolga questa sfida e si ponga all'avanguardia nella creazione di un mercato del lavoro del XXI secolo, capace di rispondere alle esigenze di lavoratori e imprese in un mondo in rapida evoluzione.
Fonti:
https://www.avvenire.it/economia/pagine/politiche-attive-l-italia-e-tra-le-ultime-in-europa
https://www.camera.it/temiap/allegati/leg17/LA0041_valutazione_politiche.pdf
https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/occupazione/Pagine/orientamento
https://www.welforum.it/la-riforma-dei-centri-per-limpiego-in-francia-spagna-e-uk/